Il premio di preparazione non lo devono pagare i genitori!

Da “Lettere a un procuratore”. Fonte: www.calciomercato.com

Gentile Procuratore,
scrivo in questa rubrica sperando di trovare una risposta al mio problema. Voglio, infatti, denunciare chi mi chiede soldi per far giocare mio figlio! I fatti sono questi: mio figlio è un giovane calciatore che verrà tesserato per la prossima stagione da una società sportiva più prestigiosa rispetto a quella in cui è cresciuto e alla quale, in ogni caso, dobbiamo tanto (in termini solo di gratitudine però!). In pratica, la nuova società vorrebbe che quella in cui ora mio figlio risulta ancora tesserato rinunci al premio di preparazione (è possibile rinunciare?), ma ovviamente la società che ha formato mio figlio vuole tutti i soldi che le spettano. E fino a qua nulla di nuovo. Il problema però è che i soldi del premio di preparazione ora sono venuti a chiederli a me per poter “liberare” mio figlio da questa situazione. Devo pagare? E’ possibile tutto ciò? Perché se fosse così, io mando tutti a quel paese e mio figlio verrà a fare il cameriere nel mio ristorante! Voglio precisare che ne faccio una questione di principio più che di soldi!
La ringrazio in anticipo per la risposta che vorrà darmi anche in privato. Paolo ’71

Gentile Paolo,
La ringrazio vivamente per questa lettera a cui rispondo non in privato, ma pubblicamente proprio per mettere in guardia tutti quei genitori a cui le società di calcio si rivolgono per chiedere soldi
Soldi che non sono assolutamente dovuti perché il premio di preparazione (art. 96 NOIF) deve essere pagato dalla società che richiede per la prima volta il tesseramento come “giovane di serie”, “giovane dilettante” o “non professionista” di calciatori che nella precedente stagione sportiva siano stati tesserati come “giovani”. Va, peraltro, detto che al premio di preparazione si può rinunciare mediante sottoscrizione e deposito di una liberatoria con la quale si dichiara di rinunciare al suddetto premio. Ma ecco l’inghippo: i soldi che non si ricevono dalla nuova società che andrà a tesserare il calciatore si vanno a pretendere dai genitori del ragazzo più o meno con questa formula: “se vuoi ti vendiamo il cartellino di tuo figlio!”.

Sarebbe ora di finirla con questa messa in scena e Lei, caro Paolo, ha fatto bene a scriverci, ma non si fermi qui. Denunci i dirigenti che le hanno chiesto soldi e non permetta a nessuno che suo figlio debba rinunciare al sogno di giocare a pallone! Per fare il cameriere c’è tempo…

Jean-Christophe Cataliotti

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